Contrariamente all’Europa, divisa in campi avversi a causa della seconda guerra mondiale, l’America vive una situazione diversa. Non vede infatti l’invasione nemica del proprio territorio, non è terreno di scontri, ed anzi costituisce rifugio di molti artisti europei , che sfuggono così all’incalzare delle persecuzioni naziste.
Ed è in questo contesto che si sviluppa un nuovo modo di intendere l’arte, che prevede l’abbandono di ogni forma precostituita: se l’arte è espressione incondizionata dei sentimenti, questi ultimi non possono avere un aspetto fisico, ma possono al contrario trovare piena “realizzazione” attraverso linee e colori fusi in libertà o accostati al di fuori di un ordine meramente razionale. L’impulso istintivo prevarrà sulla dunque sulla ragione e sulle sue sovrastrutture.
Questa corrente artistica – all’interno della quale trovano la loro collocazione tre momenti fondamentali della pittura d’avanguardia, cioè l’espressionismo, l’astrattismo ed il surrealismo – prende il nome generico di “espressionismo astratto”, o di “action painting” (“pittura d’azione”). La esaminiamo nel paragrafo seguente.
Immagine presa da www.vogue.com
L’action painting
L’action painting è così definita nel 1952 dal critico Harnold Rosenberg, dal momento che richiedendo velocità ed applicandosi per lo più ad ampie superfici, prevede l’azione ed il movimento di tutto il corpo, e non solo della mano e del braccio.
Libera da qualsivoglia schema o modello precostituito, spontanea ed immediata, è una pittura che crea uno stretto legame tra il pittore e il quadro nella sua realizzazione: la tela è stesa per terra proprio per consentire che egli sia il più “vicino” possibile alla pittura, diventi cioè “parte di essa”.
Il colore può essere steso sulla tela con un pennello dalle dimensioni sproporzionate, spruzzato o sgocciolato, o addirittura sbattuto violentemente contro di essa. Il risultato è un’immagine caotica, un intrico di linee e colori, frutto di una gestualità impetuosa e casuale, che vuol far emergere quelle che sono le motivazioni più inconsce dell’individuo.
Il più emblematico rappresentante dell’action painting è Jackson Pollock, di cui parliamo qui di seguito.
Jackson Pollock
Senza dubbio l’artista più originale degli anni ’40 e ’50, Jackson Pollock nasce a Cody, Wyoming, nel 1912, e si spegne a Long Island, nel 1956, a seguito di un incidente automobilistico.
Per conseguire il massimo dell’espressione soggettiva e della gestualità, l’artista abbandona la stesura del colore con il pennello – mezzo controllato dalla mano e dunque dalla ragione – utilizzando la tecnica del “dripping” (“gocciolamento”). Lascia cioè gocciolare il colore, dal pennello sospeso e vibrante, o da un barattolo, direttamente sulla tela, non più appoggiata verticalmente al cavalletto, ma adagiata a terra: come lo stesso Pollock afferma, “sul pavimento mi sento più a mio agio, più partecipe del quadro, posso camminarci attorno, lavorarci da quattro diversi lati, essere letteralmente dentro il quadro”.
Nascono così le sue opere, intrichi di linee e colori, senza più il limite della cornice, ma anzi oltre quel limite. Ne esaminiamo una nel paragrafo che segue.
Alchimia
Abbiamo appena visto che le opere di Jackson Pollock, realizzate con la tecnica del dripping, possiedono un forte impatto emotivo ed una tumultuosa potenza gestuale: è infatti il genio dell’artista che crea il quadro, dando pieno sfogo alla sua interiorità.
Uno dei primi dipinti eseguiti con questa singolare tecnica è Alchimia (1947, olio, pittura d’alluminio, smalto alchidico con sabbia, sassolini, filati e bastoncini spezzati di legno su tela):
Immagine presa da www.espoarte.net
Vera e propria opera-icona, Alchimia rivoluziona letteralmente l’arte del ‘900. E non è un caso che Jackson Pollock abbia influenzato in modo determinante un’intera generazione di artisti americani.